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Posta al di fuori della porta omonima, con il portichetto antistante era un punto di sosta quasi obbligato per chi entrava ad Alvito dalla parte di Sora. Costruita nel XVIII secolo, è stata cappella della famiglia Ferrante. Ha una volta a botte sulla piccola navata, e una cupola all’incrocio con il transetto, sopraelevato di un gradino e separato da una balaustra. Il portale riquadrato da una cornice di pietra risalta sull’intonaco della facciata.
Volgendo lo sguardo più in là, sulle balze del monte Albetum, si scorge un quadratino rosa, un cubo sacro incastonato tra le rocce. È il tempietto che gli alvitani chiamano la Madonnella o Cappella Tribunale. Fu eretta da Antonio Tata del Castello di Alvito e consacrata alla Madonna del Perpetuo Soccorso come ex-voto a ricordo dello scampato pericolo: l’8 ottobre 1848 Giuseppe Tata, familiare del predetto Antonio, era stato infatti sequestrato da briganti che poi lo avevano rilasciato dietro il pagamento di un riscatto.
Posta all’estremità della fortificazione del castrum, nello slargo creatosi sui resti dell’antico bastione di sud-est, è il polo del tridente che struttura il borgo sorto intorno al castello. Una lapide murata nella facciata reca la data 1010, riferendosi probabilmente al primo impianto di una chiesa sul luogo dove, quasi un secolo dopo, sarebbe stato costruito il castello. Nella cripta esiste un’altra chiesa, dedicata a San Rocco. La veste attuale della chiesa dell’Assunta risale alla sistemazione globale fatta nel 1804. Ha tre navate, la centrale voltata a botte, quelle laterali coperte da cupole che insistono sulle campate. Sopra l’ingresso c’è una cantoria con un antico organo.
Il Castello Cantelmo di Alvito è un’antica fortezza posta sulla cima di un colle sovrastante la piana d’Alvito, che si sviluppa in direzione nord-est sud-ovest, dove è pure l’abitato di Castello, frazione intramoenia di Alvito e centro di fondazione dell’attuale città, uno dei primitivi abitati sorti dopo il disfacimento della benedettina Civita di Sant’Urbano. Dagli anni ’90 è di proprietà del Comune di Alvito, che sta provvedendo a ricostruirlo nelle parti andate, col tempo, distrutte, e a riconsolidare quanto rimasto, per promuovervi incontri culturali e manifestazioni sociali. È anche conosciuto col nome di Castello di Alvito, benché amministrativamente si indichi in tal senso l’intera frazione alvitana in cui è sito il maniero. Ancora alla fine del XIX secolo il castello doveva apparire grossomodo integro delle sue strutture e conservare tutta l’imponenza originaria. Diversi terremoti del XX secolo e anni di abbandono però causarono il crollo e la perdita degli elementi architettonici più vistosi, dal maschio alle merlature. La struttura architettonica è costruita secondo i modelli dell’economia militare e non ha subito interventi di restauro filologico o manieristico come successo ad altre strutture simili e conserva quindi tutte le forme medievali. Gli elementi principali sono i sistemi difensivi, disposti progressivamente da un perimetro esterno al centro e l’edificio in cui risiedevano i castellani. Una prima cerchia muraria alta cinque metri circonda tutta l’area su cui si è sviluppato il castello, di forma trapezoidale, ricavata spianando la cima del colle; alle prime mura, che si innalzano per cinque metri, corrispondeva un fossato profondo altri cinque nel lato che dà verso il centro abitato. Una seconda cerchia muraria proteggeva l’edificio vero e proprio, protetto da quattro muraglioni a scarpa, con quattro torri angolari alte 14 metri e larghe 11 di circonferenza alla base e 9 alla cima. Al centro della seconda cerchia si ergeva un edificio quadrangolare, il maschio, che si innalzava per 11 metri più in alto rispetto al resto del castello: al lato sud dell’edificio dovevano trovarsi le stanze della nobiltà, mentre nei restanti lo-cali risiedeva la servitù e le guardie. Una torre ottagonale ne proteggeva l’accesso. Dagli anni ’90 il castello è di proprietà del comune di Alvito, che sta provvedendo a ricostruirlo nelle parti andate, col tempo, distrutte, e a riconsolidare quanto rimasto. I primi interventi risalgono al 1994 e sono stati affidati dalla provincia di Frosinone all’architetto Giulio Rossetti, che ha curato la ricostruzione, con le pietre originarie, di parte delle torri, delle merlature e dei principali ingressi, ripulendo gli accessi e restaurando le volte principali. Alcuni ambienti sono ancora in fase di ricostruzione. La struttura ospita nel periodo estivo una manifestazione culturale denominata Castello Reggae, in cui diversi musicisti si esibiscono con composizioni e performance di ispirazione caraibica, con gli strumenti e i suoni tipici della musica reggae, dello ska e del rhythm and blues. In uno dei cortili interni è stata installata una voliera. Edificato alla fine del secolo XI dai conti D’Aquino per un impegno preso con l’abbazia di Montecassino che desiderava un avamposto a guardia dell’accesso nord della valle. Ricordato nei Registri Angioini come edificio militare (nel 1293 era tenuto in perfetto assetto di guerra, con abbondanti munizioni e considerevoli provviste alimentari), dopo il terremoto del 1349 che lo distrusse venne riedificato e assunse anche funzioni di palazzo feudale, dimora dei Cantelmo. L’impianto, di notevole estensione, è attualmente ridotto ad un rudere, in cui sono comunque leggibili avanzi di possenti mura strombate, resti di bastioni e torri. A pianta pentagonale, ha tre torri cilindriche che guardano verso i tre lati della valle, di cui quella di sud-est conserva tracce di antiche merlature.
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